mercoledì 15 dicembre 2010

Coelho docet. In collegamento al post precedente.

  • Nelle ore difficili e nelle ore felici
     Un guerriero non condivide la tenda con chi vuole fargli del male. E tanto meno lo si vede in compagnia di coloro che desiderano solo "consolare".
     Evita chi gli sta a fianco solo in caso di sconfitta. Questi falsi amici vogliono dimostrare che la debolezza compensa.
     Portano sempre cattive notizie. Tentano sempre di distruggere la fiducia del guerriero – facendosi scudo della "solidarietà".
     Quando lo vedono ferito, essi si abbandonano alle lacrime, ma – nel profondo del cuore – sono contenti perché il guerriero ha perduto una battaglia e non capiscono che questo fa parte del combattimento.
     I veri compagni di un guerriero stanno al suo fianco in ogni momento, nelle ore difficili e nelle ore facili.
  • Il nemico occulto
     Gli amici del guerriero della luce gli domandano da dove provenga la sua energia. Egli dice: "dal nemico occulto".
     Gli amici domandano chi sia.
     Il guerriero risponde: "qualcuno che non possiamo ferire".
     Può essere un bambino che ha sconfitto in un litigio d’infanzia, l’innamorata che lo ha lasciato quando aveva undici anni, l’insegnante che lo chiamava asino.
     Il nemico occulto diventa uno stimolo. Quando è stanco, il guerriero si ricorda che lui non ha ancora visto il suo coraggio.
     Non pensa alla vendetta, perché il nemico occulto non fa piú parte della sua storia. Egli pensa solo a migliorare la propria abilità, affinché le sue imprese facciano il giro del mondo e arrivino alle orecchie di chi lo ha ferito nel passato. 

     
Il dolore di ieri si è trasformato nella forza di oggi.

De amicitia

Un pensiero:
Semplice, o almeno così dovrebbe essere, dal momento che ognuno di noi, raggiunta una certa maturità dovrebbe averlo compreso secondo coscienza. Tuttavia, a volte, proprio per l’avanzare dell’età e la crudeltà della vita, capita che si subisca l’effetto opposto, giungendo alla scaltrezza e all’opportunismo; Questo in parte potrebbe essere giustificato, peccato però che tale tipo di causalità risulti alquanto rara, e per lo più si tratti di comportamenti consapevoli.
In pochi, si può dire che abbiano compreso la vera essenza di quello che è uno dei legami più forti che ci accompagnano nel nostro cammino; E neppure io, seppur presuntuosa, posso dire di averlo compreso appieno, ma almeno di una cosa sono certa: Di averlo provato e di continuare a vedere germogliare quel bel fiore, ancora e ancora, grazie a pochi fidati e vicini.
E per questo, mi ritengo senz’altro fortunata.

Purtroppo però, come diceva un vecchio aforisma: “se vuoi fare del bene impara, prima, ad accettare il male e le delusioni”. Non sono saggia a tal punto, anzi, diciamo pure egoista, dal momento che cerco sempre di evitare le implicazioni dolorose, ma chissà perché ci ricasco sempre, fregata dall’ eterna lotta tra ragione e sentimento. So quello che non dovrei fare, ma ugualmente lo faccio.

Diffidente per natura, mi guardo sempre dal dare troppa confidenza, ma una volta ottenuta un po’ di empatia, non riesco a non dare fiducia e a non chiedere altro che un minuto di tempo o un sorriso.  Per questo motivo, credo che la metafora prima prospettata, per quanto invitante, necessiti di un correttivo e di una specificazione, dal momento che con più semplicità ed umiltà, tale sentimento, dovrebbe essere invece idealmente accostato ad un pianta quale l’edera che resiste a tutte le intemperie e che rimane, quasi perennemente, folta e verde. Certo non è l’emblema della nobiltà nella sua apparenza, ma un sangue blu non è detto che sia puro e limpido. Non è un caso che, nella maggior parte dei rapporti, si debba parlare piuttosto di rose, fiori certo nobili e belli, ma che amano essere adulati, pretendano tanto e che, per giunta, sono pieni di spine sotto ad ogni foglia.

E allora dico: Nell’eterna ingenuità e con la forza di un indole, al di là di ogni aspettativa, paziente, sono disposta anche a dover curare qualche graffio e ad asciugare qualche goccia di sangue, ma in altrettanta sincerità sono in dovere di ricordare quanto tale legame non possa prescindere dall’avvalorata dimostrazione della reciprocità. Non può sussistere, infatti, una “amicizia unilaterale”, cui fare ricorso solo quando fa comodo o quando si manifesta l’esigenza di attivare una valvola di sfogo per tensioni, crucci o depressioni varie. E’ anche questo, ma c’è ben altro. Ed è anche errato ritenere che, in funzione della decantata amicizia, si possa giustificare qualsivoglia forma d’invadenza o d’ingiustificato distacco. Comprendere, piuttosto, e perdonare se possibile.

In ogni caso è sempre bene mettere in conto, cercando di non esagerare con le idealizzazioni, che per la sua intrinseca natura di “sentimento”, è portatrice, talvolta, di pesanti sofferenze e cocenti delusioni.

Con un po’ di amarezza,senza grandi pretese, ma con ancora tanta speranza, ho scritto questo breve ed insulso post.

 

Martina

venerdì 26 novembre 2010

Elenco di cosa gli universitari non vorrebbero più sentirsi dire:

  • -          dopo la laurea, andate a vivere all’estero, perché in Italia, non avete speranze
  • -          non ambite ad un contratto a tempo indeterminato, ormai è pura utopia, la parola d’ordine è flexicurity
  • -          specializzatevi, formatevi, impegnatevi, fate anche qualche master se necessario, ma non crediate di essere pagati, perché dopo tanto studio, non sapete ancora fare nulla
  • -          sentirsi dire che tutti abbiamo le medesime possibilità, indipendentemente dall’estrazione sociale dalla quale proveniamo, perchè quello che conta è solo  il merito! Per poi scoprire che erano, ovviamente, solo belle parole
    • -          la laurea in Italia, non è che un pezzo di carta, non è niente senza l’esperienza;
             Sì, perché se cerco il primo impiego, devo già aver avuto esperienze lavorative
    • -          ambite pure ad un sicurezza economica, e a costruirvi una carriera se siete capaci, ma scordatevi di fare figli, le donne che scelgono di essere madri non vanno molto lontano
    • -          e se per merito ottenete un posto da ricercatori, farete meglio anche a cercarvi un secondo lavoro nel tempo libero
    • -          non siate idealisti, non preoccupatevi per gli altri, questo è un mondo di squali: “Mors tua, vita mea”
    • -          e poi, in fin dei conti, potete sempre sposare un uomo o una donna ricca, almeno vi fate mantenere
    • -          la laurea serve per lavorare, e una volta presa, spesso è un problema. Il mero desiderio di apprendere non è contemplato.

    Con la divina commedia, ci faremo anche un panino, ma almeno noi abbiamo avuto l’opportunità di amarla e conoscerla: Questa è la vera vittoria, non toglieteci anche il piacere e la fatica di studiare, perché una società senza cultura, è una società, davvero, senza futuro.

    Poche righe, tanto sdegno. I problemi non iniziano e non finisco certo in questi soli punti.

    Martina

    mercoledì 9 giugno 2010

    Infanzia nell' ATTESA

    PREMESSA:
    La maggior parte della mia infanzia si può dire che sia stata caratterizzata dall’attesa, o meglio, dalla creazione di aspettative. Del resto, ognuno di noi , seppure inconsciamente , finisce per basarsi su previsioni ragionevolmente realistiche ( o meno, data l’età ) circa la condotta che ipoteticamente possano tenere le persone che ci circondano o, in generale, i membri della società nella quale viviamo. Tali congetture non possono avere altra conseguenza, se non quella di portarci ad attendere un determinato  comportamento o un determinato gesto da parte degli altri e questo, inevitabilmente, può comportare delle delusioni.
    ***
    E così tra un giorno e l’altro si consumava la mia attesa.
    L’attesa di un sorriso mai ricambiato, di un bacio o un abbraccio spesso negati,
    di una parola di conforto, piuttosto che di un rimprovero, mentre le lacrime strozzavano la gola;
    L’attesa di una manciata di quello che viene chiamato amore incondizionato, di semplice complicità e dedizione.
    Curiosa, attenta e avida di sapere, solo di rado mi sono stati riconosciuti tali pregi. Non che mi mancassero i sostegni e gli affetti, ma il desiderio di riuscire e sentirsi apprezzata, in particolare da alcune persone, era tale da angosciarmi il più delle volte fino a provocarmi rabbia e dolore, arrivando a chiedermi, inutilmente, se questa fosse la normalità e, successivamente, se io ne fossi la causa.
    Da bimba vivace e ilare, quale ero, mi trasformavo in una ragazzina silenziosa e seria, e se oggi questo è dettato dalla maturità, all’epoca era senz’altro una costrizione o almeno la sentivo come tale.
    Non so come, ma ripensandoci è come se riuscissi a vedermi al di fuori di me … e intravedo una bimba esile, con i capelli biondi e corti, con occhi scuri, fieri e orgogliosi, ma di una vivacità, come spenta, perché disapprovata, che si sforza di contenersi in gesti da adulto, troppo spesso maldestri.
    Con la visibile angoscia di sbagliare, la vedo impegnarsi, tenta e ritenta, e ce la mette davvero tutta per fare quanto deve, ma spesso le è chiesto troppo per la sua età e le mortificanti  parole sono come pugnali.
    E poi le loro espressioni, le parole non dette, l’osservare attentamente se stia facendo o meno un buon lavoro, come un giudice inquisitore davanti all’imputato prima della sentenza di condanna, e le mani apparentemente salde che si muovono, lo sguardo attento e concentrato, mentre il cuore batte, forte, sempre più forte,  a tal punto da divenire un martellio assillante nelle tempie, mentre la mente soffocata è sempre allerta, pronta, per non essere colta alla sprovvista da qualche rimprovero.
    L’orgoglio di voler riuscire e l’inesperienza come limite.
    Ricordare fa male, ma non per questo voglio dimenticare, se non altro per analizzare e comprendere.
    Tanti sono stati gli sbagli, ma apprezzo il nuovo amore e il legame che si è creato, per quanto precario sia. Gli sforzi sono stati incredibili, il dolore lancinante e persistente, tanto da precludendomi la spensieratezza nota ai più.
    Insegnare ad amare, a dare e ad accettare non è semplice, specialmente se si è piccoli e sofferenti, senza contare che i gesti dolci e gli slanci di affetto tipici dei bimbi più amorevoli erano per me alquanto difficili, repressi nel timore di essere disapprovata.  
    Ma solo oggi, dopo aver compreso quanto la durezza e la fermezza con la quale sono stata formata sia risultata utile, di riflesso al mio essere, anche a loro, posso dire di esserne orgogliosa. E apprezzo, con gioia non sempre visibile e con ancora un po’ di imbarazzo, gli abbracci, i sorrisi e il bacio della buona notte.

    Martina R.

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    domenica 25 aprile 2010

    Un paese senza memoria è un paese senza futuro

    Andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.  

    Piero Calamandrei, padre costituente.

    domenica 24 gennaio 2010

    Vita vissuta

    Nella frenesia tipica dell’ora di punta, in cui la vita sembra scivolare via ad una velocità impressionante, guardandomi intorno, la mia attenzione si posa sulla vetrina di un bar poco distante, tanto da poter leggere il menù del giorno, e proprio mentre scruto al suo interno, il mio sguardo si sofferma su una coppia di anziani.
    Sono seduti ad un tavolo e l’uomo sta cercando degli spiccioli nel suo piccolo portafogli, mentre la moglie si massaggia una caviglia. L’espressione è dolorante, ma non appena il marito le rivolge uno sguardo preoccupato, sorride.
    Ecco, è arrivato il cameriere con bevande e scontrino, mancano pochi centesimi per il totale, così l’anziano signore chiede gentilmente al giovane di guardare nella sua mano per indicargli la quantità giusta; Il ragazzo con fretta prende il denaro e si allontana.
    Un bambino, giocando, cade davanti a me, così mi piego per aiutarlo e proprio mentre le lacrime stavano per sgorgare dai suoi occhioni verdi, con gentilezza gli dico che va tutto bene e il bimbo con gioiosa gratitudine riprende a giocare.
    Appena il tempo di alzarmi e nuovamente cerco con velocità quel tavolino che tanto aveva attirato la mia attenzione. Riapro il libro e lascio che il vento sfogli le pagine.
    Il sole è ancora caldo, nonostante l’estate sia finita e l’inverno si faccia avanti. Mi godo gli ultimi raggi non perdendo di vista l’anziana coppia.
    Adesso stanno parlando con lentezza, nel frattempo l’uomo prende una penna e un piccolo foglio, mentre la moglie sembra che stia facendo un elenco.
    E così, noto qualcosa che troppo spesso passa inosservato.
    Lo sforzo di una mano segnata dal tempo, pesante e stanca, che a mala pena regge una penna, troppo piccola e scivolosa da tener ben salda tra le dita. Quell’atto così semplice e ordinario appare segnato dalla fatica e dall’indecisione della mente che si sforza, con silenziosa dignità, di ricordare come si scriva una parola, vaga, lontana, forse imparata su una piccolo quaderno, gelosamente custodito, ma ugualmente logoro perché portato nello straccio col quale si andava a lavorare nei campi, oppure, sì, quella nuova parola che ripetono sempre alla tv e che pare così semplice sulle labbra di chi popola quella scatola quadrata che spesso, purtroppo, riempie le loro giornate. E poi c’è la nuova generazione, iper tecnologica , che vive nella fretta e per la quale tutto è facile e scontato a tal punto da far temere nel chiedergli qualcosa, del resto “ Poveri cari, hanno già tanto da fare, e non voglio rubargli del tempo ”.
    Dopo qualche minuto, l’elenco è terminato, piega il fogliettino e lo consegna alla moglie.
    Entrambi si alzano, si rimettono il cappotto, e si dirigono verso l’uscita.
    L’anziano apre la porta, la moglie gli stringe la mano e così, riprendono il loro lento cammino.
    Solo dopo qualche secondo, al richiamo di un bimbo, i due si voltano con un sorriso bellissimo, illuminato da una inaspettata vitalità.
    E’ proprio quel bimbo che poco prima era caduto davanti a me. Corre anche la madre, che lo segue preoccupata. Raggiunta la coppia, i tre si perdono un abbraccio e la madre rallenta sospirando.
    Ormai è tardi, e il sole non è altro che una sfera infuocata al di là delle montagne, ma la sua luce è comunque sufficiente ad illuminare il cammino di quelle quattro anime che ora avanzano l’una di fianco all’altra.

    Martina

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    martedì 12 gennaio 2010

    Quando il cuore freme.


    Quando ci si chiede il motivo per il quale il nostro cuore frema, puntualmente, nonostante ci si sia ripromessi  – all’ incirca un centinaio di volte - di non crogiolarsi nei problemi, la nostra mente inizia inevitabilmente ad affollarsi di parole e ad annebbiarsi con pensieri, congetture e analisi, dettate dal puro raziocinio; Ma è proprio nel momento in cui la nostra ragione si distrae che si arriva ad una conclusione.: Nonostante gli sforzi, ci si rende conto di quanto, in realtà, la nostra mente in questi casi, non possa far altro che “limitarsi” a sentire e percepire. Come se si stesse vivendo intensamente uno spettacolo coinvolgente.