mercoledì 15 dicembre 2010

De amicitia

Un pensiero:
Semplice, o almeno così dovrebbe essere, dal momento che ognuno di noi, raggiunta una certa maturità dovrebbe averlo compreso secondo coscienza. Tuttavia, a volte, proprio per l’avanzare dell’età e la crudeltà della vita, capita che si subisca l’effetto opposto, giungendo alla scaltrezza e all’opportunismo; Questo in parte potrebbe essere giustificato, peccato però che tale tipo di causalità risulti alquanto rara, e per lo più si tratti di comportamenti consapevoli.
In pochi, si può dire che abbiano compreso la vera essenza di quello che è uno dei legami più forti che ci accompagnano nel nostro cammino; E neppure io, seppur presuntuosa, posso dire di averlo compreso appieno, ma almeno di una cosa sono certa: Di averlo provato e di continuare a vedere germogliare quel bel fiore, ancora e ancora, grazie a pochi fidati e vicini.
E per questo, mi ritengo senz’altro fortunata.

Purtroppo però, come diceva un vecchio aforisma: “se vuoi fare del bene impara, prima, ad accettare il male e le delusioni”. Non sono saggia a tal punto, anzi, diciamo pure egoista, dal momento che cerco sempre di evitare le implicazioni dolorose, ma chissà perché ci ricasco sempre, fregata dall’ eterna lotta tra ragione e sentimento. So quello che non dovrei fare, ma ugualmente lo faccio.

Diffidente per natura, mi guardo sempre dal dare troppa confidenza, ma una volta ottenuta un po’ di empatia, non riesco a non dare fiducia e a non chiedere altro che un minuto di tempo o un sorriso.  Per questo motivo, credo che la metafora prima prospettata, per quanto invitante, necessiti di un correttivo e di una specificazione, dal momento che con più semplicità ed umiltà, tale sentimento, dovrebbe essere invece idealmente accostato ad un pianta quale l’edera che resiste a tutte le intemperie e che rimane, quasi perennemente, folta e verde. Certo non è l’emblema della nobiltà nella sua apparenza, ma un sangue blu non è detto che sia puro e limpido. Non è un caso che, nella maggior parte dei rapporti, si debba parlare piuttosto di rose, fiori certo nobili e belli, ma che amano essere adulati, pretendano tanto e che, per giunta, sono pieni di spine sotto ad ogni foglia.

E allora dico: Nell’eterna ingenuità e con la forza di un indole, al di là di ogni aspettativa, paziente, sono disposta anche a dover curare qualche graffio e ad asciugare qualche goccia di sangue, ma in altrettanta sincerità sono in dovere di ricordare quanto tale legame non possa prescindere dall’avvalorata dimostrazione della reciprocità. Non può sussistere, infatti, una “amicizia unilaterale”, cui fare ricorso solo quando fa comodo o quando si manifesta l’esigenza di attivare una valvola di sfogo per tensioni, crucci o depressioni varie. E’ anche questo, ma c’è ben altro. Ed è anche errato ritenere che, in funzione della decantata amicizia, si possa giustificare qualsivoglia forma d’invadenza o d’ingiustificato distacco. Comprendere, piuttosto, e perdonare se possibile.

In ogni caso è sempre bene mettere in conto, cercando di non esagerare con le idealizzazioni, che per la sua intrinseca natura di “sentimento”, è portatrice, talvolta, di pesanti sofferenze e cocenti delusioni.

Con un po’ di amarezza,senza grandi pretese, ma con ancora tanta speranza, ho scritto questo breve ed insulso post.

 

Martina

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