martedì 16 giugno 2015

Il Castello di Sammezzano: Il Palazzo color del deserto che regala sogni d'Oriente.

“O voi c'avete gl'intelletti sani, mirate la dottrina che s'asconde sotto 'i velame de li segni strani”.
Un iscrizione che ricorda Dante e che solo un personaggio eclettico, geniale, colto, tracotante, polemico e schietto come il Marchese Ferdinando poteva avere il coraggio di rielaborare e di far scolpire nel gesso della sua reggia. Un personaggio che, col potere che solo la grandezza d’animo può dare, ha creato qualcosa di meraviglioso.
Perché credeva e amava quel che faceva, quello che ideava, da solo, nel disprezzo di chi non poteva capire perché cieco e piegato al pensiero comune, perché negli occhi aveva l’infinito e poco importa se questo gli rendeva l’esistenza più difficile, almeno poteva dire di avere vissuto, in libertà, senza fermarsi al limite altrui. “Ama il tuo sogno”. In una lingua forse diversa dallo nostra, in una delle tante che conosceva, in un epoca ben diversa, ma con la stessa passione, la stessa ambizione dettata dall’incoscienza e dalla nostalgia di qualcosa di non cosciuto, ma solo immaginato, mi par di vedere il Marchese Ferdinando che, camminando per il suo castello, ricorda a se stesso questo concetto.
Un politico raffinato, tanto da concepire una frase tutt’oggi attuale (“Pudet dicere sed verum est publicani scorta – latrones et proxenetae italiam capiunt vorantque nec de hoc doleo sed quia mala – omnia nos meruisse censeo anno domini MDCCCLXX”: Mi vergogno a dirlo ma è vero, esattori, prostitute, ladri e sensali tengono in pugno l’Italia e la divorano. Ma non di questo mi dolgo, ma del fatto che ci siamo meritati i nostri mali.1870), ed un amante dell’arte che non poteva che osare e guardare oltre. Amava a tal punto la sua libertà e il sogno che racchiudeva quel luogo da inimicarsi i fiorentini dell’epoca che non credevano nell’orientalismo e che, pur colti, con la stessa arroganza che riconoscevano a Ferdinando, ne sbeffeggiavano le ambizioni. Esistono punti di vista diversi, per fortuna, e l’intelligenza sta nel riconoscerne l’importanza e il valore. In una terra benedetta dall’arte, anche il Castello color del deserto dovrebbe trovare posto. Un unicum che contiene, nella forma e nella sostanza, qualcosa di meraviglioso; perché il vocabolo Maraviglia vive dentro al Castello di Sammezzano. Un ringraziamento al Comitato FPXA che ha reso possibile questa visita tanto attesa.






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venerdì 14 settembre 2012

Riforme?!

Da anni si parla incessantemente di riforme; riforma della scuola, riforma del lavoro,  riforma delle pensioni, etc, etc, ma è possibile che non ci si renda conto di ciò che dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti?


Uno Stato non funziona a compartimenti stagni. Uno Stato è come un organismo, mettiamo come un corpo umano. Se non funziona una parte di esso, inevitabilmente si cercherà di potenziarne un’altra,  se c’è uno squilibrio, si cercherà di ripararvi.  Ma se le riforme, poi, non sono altro che  tagli, sarebbe come amputare un braccio ad un corpo che ne ha già un altro malandato.
Se la riforma colpisce la scuola e l’università, inevitabilmente questo, sul medio periodo, si ripercuoterà sul lavoro. Se non è concessa una adeguata preparazione, una buona conoscenza, come possiamo pretendere di avere soggetti che svolgano in maniera funzionale e competente il proprio lavoro.
Se non c’è un’educazione al rispetto, a maggior ragione di tutto ciò che è in comune (dato che la proprietà privata credo che sia uno dei primi aspetti appresi dai bambini, negli ultimi tempi) , come si può spiegare ai ragazzini che perdono il loro tempo a fare i vandali, che quelle cose sono state acquistate anche con le imposte pagate (si spera) dai loro familiari? Ma, se le istituzioni, in primis, non rispettano il denaro pubblico, sperperandolo  come se fosse proprio,  in giochi di poteri e incremento delle lobby, cosa possiamo insegnare. Se la meritocrazia non esiste, se non in minima parte (ci sarà qualche eccezione, no?) e la politica redistributiva non funziona, come posso chiedere a chiunque abbia un coscienza sociale di sperare di migliorare la propria condizione.

Se non si permette ai più giovani, neppure in potenza, di poter sperare di fare, un giorno, ciò che più amano, come può uno Stato dirsi egualitario? Innalziamo il numero dei laureati, ce lo chiede l’Europa. Poco male se poi i laureati restano disoccupati: il pezzo di carta ce l’hanno. Il fatto che vadano ad aumentare le file dei disoccupati vi preoccupa forse di meno? No, certo, ma sono laureati,e all’estero questo conta, lì una carta in più ce l’hanno. Dobbiamo andarcene, ce lo dicono ogni giorno.

Ma, allora, chiedere a un giovane quale sia il suo sogno non è forse crudele, se poi, anche con lo studio, l’impegno, il metodo e le capacità, è altamente improbabile che riesca a giungervi?
E allora, cosa succede? Si ci deve accontentare.
Siete già fortunati ad avere studiato quello che vi piace, si sente dire. Adesso accettate un lavoro decente (ovvero, non poi così sottopagato e un minimo dignitoso) e piagnucolate poco. Mi dispiace, ma non stiamo qui a piagnucolare, siamo qui a cercare di evitare che ciò che resta di buono in questo Paese, finisca in cancrena.

Martina

lunedì 13 febbraio 2012

A tema ( o anti-tema?)

San Valentino.

Ho sempre guardato con perplessità a questa festa. Liberi di festeggiarla o meno, ma ho sempre creduto che non servisse un giorno in cui tutte le coppiette, più o meno stabili, si vedessero gironzolare con fiori e cioccolatini per le vie della città. L’unico interesse che potrei avere è di tipo fotografico; magari uscissero davvero per le strade tante persone, di tutti i generi, abbracciate e visibilmente innamorate, sarebbe splendido, uno spettacolo umano a tal punto da far sorridere con dolcezza il più cinico dei cinici.

Ma, per come vivo io l’amore, volete mettere, a dispetto di una festicciola comandata, la bellezza commovente di un regalo veramente inaspettato? Alzarsi la mattina di un qualsiasi giorno dell’anno e trovare un mazzo dei tuoi fiori preferiti, oppure tornare a casa la sera e trovare una lettera sotto al cuscino o nascosta da qualche parte  ( studiata appositamente ) per farla trovare al tuo amato?  Alzarsi in una notte insonne e scrivere con irruente coinvolgimento, anche poche parole, ma sentite.

Sentite, esatto. Se si festeggia con sentimento, benissimo, se lo si fa per compiacimento o convenzione, non so.
Senza considerare che si apporta inutile dolore a chi vorrebbe, ma non può festeggiarlo. Del resto, non tutti hanno un cuore di roccia come il mio. ^^ E non tutti vivono in una coppia in cui si snobba allegramente la convenzione, per scegliere piuttosto la spontaneità del momento. Non mi aspetto di essere compresa da nessuno, mi rendo conto di avere un punto di vista tutto mio, se non da chi mi accompagna in questo cammino. 


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domenica 7 agosto 2011

Incontri


“Negli occhi di un bambino, puoi scorgere il mondo”. 

Ho sempre avuto in mente questa frase; Non so chi l’abbia pronunciata, o se sia sempre stata nella mia testa, ma credo che negli occhi di chiunque si ami, si possa scorgere un mondo intero. Esteso, quieto e impervio.

Ed è nel momento in cui ci si sceglie, che inizia il viaggio. 
Del resto, ci sono tanti tipi di viaggi, ed ognuno è prezioso a suo modo. Percorrere chilometri può non portare a nulla di concreto, ma il percorso intrapreso ti lascia sempre qualcosa. Senz’altro, dona nuovi occhi.

 Ogni persona che incontri sul tuo cammino lascia un pezzo di sé; un gesto, il tono della voce nella pronuncia di una parola, un vocabolo diverso, un nuovo gioco, una nuova sofferenza o un nuova gioia. E così, non si è mai soli.
Il dolore, lancinante che sia, fortifica,  fa crescere e riflettere, ma il riso rinnova l’anima e la spalanca al mondo. Senza il riso, spontaneo, chiassoso, infantile, si rischia che il dolore e il cinismo prendano il sopravvento. Regalare una risata complice è un po’ come donare parte di sé. 

Il dono più grande.

giovedì 5 maggio 2011

Rosso ciliegia

Avete presente il colore lucido e vivido delle ciliegie mature? Quel rosso così carnoso e invitante? 

Ecco, le sue scarpe erano esattamente di quel colore. Non che ami le scarpe con colori particolarmente accesi, anzi, ma quelle assomigliavano a un rosso candito, erano alte, molto, forse troppo ed incredibilmente ipnotizzanti. Il passo era svelto, e la gonna di un giallo spento svolazzava al tiepido vento, sotto ad una camicetta azzurra e a dei fulvei capelli. E’ incredibile quante persone si possa incontrare sui mezzi pubblici. Ed è così bello non restare incastrati sempre tra le stesse facce. Ci sono persone con cui parli appena per due minuti e con le quali ti senti più in sintonia rispetto a gente che “conosci” da una vita. E così è accaduto con Vianne.
In realtà, non conosco il suo vero nome, ma credo che fisicamente le si addica, non so di preciso il perché, le associazione mentali sono incredibili! 

Ero seduta vicino al finestrino mentre, assorta nei pensieri, la mia attenzione si soffermò su quelle scarpe.
 “Però!” dissi a bassa voce. Ci vuole coraggio ad indossare delle scarpe di quel colore con una gonna gialla! Decisamente un’esibizionista.
Proprio mentre stavo riflettendo, la ragazza si fermò, scoccò i tacchi e si girò ruotando su se stessa, guardandomi divertita.
Sicuramente sarà abituata alla gente che la osserva stranita, pensai, chi va in giro vestita in quel modo, non cerca certo di passare inosservato. Così le sorrisi, forse per dimostrarle che non avevo gli stessi pregiudizi delle anziane signore, sedute davanti a me, che la stavano osservando scuotendo la testa.

L’autobus si fermò, e Vianne salì. Senza un attimo di esitazione si diresse verso di me e si sedette nel posto al mio fianco. Sorrise e accennò un bon jour, ricambiai e mi rimisi a guardare fuori dal finestrino, mentre le signore davanti la scrutavano severamente e lei continuava a sorridere. Dopo pochi metri, con la coda dell’occhio vidi che tirò fuori dalla sua piccola borsetta fucsia uno specchio pieno di lustrini e un rossetto dello stesso colore delle scarpe.
“Che tipo”, pensai divertita. Mi ispira simpatia. E Vianne se ne doveva essere accorta, tanto che mi porse il rossetto facendomi il gesto di metterlo. Ringraziai, ma rifiutai decisa. 
Vianne, si mise a ridere rumorosamente.  Poi mi guardò in silenzio. 
Continuava a fissarmi, così mi voltai.
Aveva gli occhi color del miele. Ed un bel volto.
Dato che non accennava a distogliere lo sguardo, interruppi, dicendo che non amavo i rossetti.
Sorrise. 
Poi, con accento francese, esordì: “Voi italiane siete così serie”.
“Ah, sì?” replicai.
“Qui, sai ti stavo osservando da molto prima che tu mi notassi, ti ho vista sul treno, ero seduta dietro di te, ti ho seguita, ma poi ho sbagliato autobus e sono dovuta scendere. Stavi osservando profondamente il paesaggio e avevi un’espressione dolce e severa allo stesso tempo.”
“Mi dispiace, ma non …”.
“Oh, non avresti potuto, te l’ho detto ero seduta dietro di te”. Mi interruppe frettolosamente.
“Giusto … Però conosci bene la lingua italiana, nonostante tu abbia un forte accento francese”.
“Mio padre è italiano, per questo vi conosco bene. Sembrate allegri, ma in realtà siete un popolo estremamente malinconico”.
“E’ vero … Sono d’accordo … ”
“Hai visto, avevo ragione!”
“Sì, okay, ma il fatto che non voglia mettere il rossetto non vuol dire questo” cercai di replicare.
Rise. Poi si avvicinò un po’, rivolse un’occhiata all’ anziana, che continuava a fissarla, come per farle dispetto, ed a bassa voce mi disse : “Non te la devi prendere, sei una persona intensa, lo si vede dallo sguardo, e questo vale più di mille rossetti”. 

La guardai perplessa.

Sorrise, e poi con serietà continuò: “ Essere straordinari non implica essere amati da tutti, anzi, solo chi ha una anima come la tua può capirti … ma se ci pensi è così bello non essere ordinari. E lo puoi mostrare con lo sguardo o con i vestiti … come me”. Poi continuò un po’ assorta : “Ti ho vista mentre aiutavi amorevolmente quella mamma a far scendere il passeggino col bimbo, senza che ti avesse chiesto nulla, e ho visto anche lo sguardo duro con cui hai fulminato quell’uomo che è sceso urtando la madre … Ami la giustizia, si vede”. 

Dovevo avere un’espressione mista tra la curiosità e la perplessità. Cosa voleva questa da me, perché mi aveva osservata così a lungo, e soprattutto, perché me lo stava dicendo come se fosse la cosa più naturale al mondo?
Evidentemente lo sguardo, mi tradì. E il volto  di Vianne, si rabbuiò. “Scusa, mi sono sbagliata, la prossima fermata è la mia, non ti tratterrò oltre”. Disse con tono talmente duro che l’accento francese parve sparito.

“Non devi scusarti, mi sembrava solo …”
“Cosa, strano?” rispose con voce collerica.
Accennando un sì, abbassai lo sguardo, e fu allora che notai le cicatrici che aveva sull’interno dei polsi.

“Il mondo non è fatto per la gente come me”, disse guardando fuori dal finestrino “ e forse neanche per te, ma ti sei omologata bene, brava, a differenza di me hai imparato a sopravvivere …  au revoir”.
Volevo fermarla, ma scese velocemente, mentre stavo ancora elaborando come reagire, guardandola impaurita. La porta si chiuse, e rimasi in piedi mentre osservavo quella gonna gialla svolazzare. Vianne si voltò, e urlò: “Mercì bon bon!”con un bel sorriso. 

Non la rividi per anni. Ma ogni giorno, quando leggevo qualche notizia di cronaca nera, avevo sempre paura di trovare una sua foto e di intravedere quelle scarpette rosse. Che adesso, mi parevano di un color sangue vivo.

La incontrai una sola altra volta. 

Era inverno, stavo correndo sotto la pioggia battente cercando di non rovinare le mie francesine laccate non appena comprate, quando ormai fradicia, nell’entrare nell’ufficio postale, mi bloccai sulla soglia, non appena vidi davanti ai miei occhi quelle stesse scarpe rosso ciliegia.
Alzai lo sguardo. Era lei e mi stava sorridendo.
Aveva tra le mani un pacco. Lo indicò e disse: “Le mie lollipop made in Paris”, come se non fosse trascorso tutto quel tempo e avessimo ripreso la nostra conversazione di anni fa.
Contraccambiai sorridendo, felice di vederla.
Non era cambiata molto, doveva avere sui trent’anni, ma non era vestita come all’epoca. Aveva un tailleur grigio, e solo un po’ di lucidalabbra. Esattamente come me. Unica differenza: nelle scarpe.
“Sei un donna, ormai” mi disse.
“Ma eri già adulta il giorno in cui ti incontrai, e senz’altro più di me. Ero un ragazza viziata e annoiata che vagava per il mondo con la presunzione di chi crede nella sua bellezza e nel fascino delle sue vesti, divertendosi a far parlare di sé “ continuò seria e dolce.
“Sono passati tanti anni … ”
“Sì, ma tutto è cambiato dopo il nostro incontro. Ti osservavo, perché ti invidiavo. Ridevo, perché mi facevi rabbia. Così altera, eppure così giovane, indifferente alle sciocchezze e attenta. Anche io, avevo sempre desiderato essere così, non avere bisogno delle vesti per sembrare straordinaria ...”
La fermai, facendole segno di cedermi la parola. “L’importante è che adesso tu stia bene, e che tu abbia conservato quelle splendide scarpe rosse, che ti ricordano chi eri e come sei” feci una breve pausa, poi proseguii. “E ti assicuro che eri e che sei straordinaria, altrimenti non ti saresti posta il problema, come la maggior parte delle persone. Io non credo di essere speciale e non appaio come tale, perché non ne ho interesse. Solo chi vive con me ogni giorno può dirti se lo sia o meno, non io. E non è detto che lo sia. Magari non appaio tale, perché non lo sono. Mi limito a sentire e a catturare tutto ciò che può riempiermi  l’anima”.

Il suo volto si illuminò e i suoi occhi color del miele, divennero lucidi. “Tu non avevi bisogno del rossetto perché già la tua anima era di un rosso intenso e vivace, il colore della vita che scorre. Mercì bon bon”.
Mi fissò per qualche istante. Poi, corse fuori e iniziò a ballare sotto alla pioggia.

Era finalmente entusiasta della vita.



Martina R.


giovedì 17 marzo 2011

"Viva l'Italia"

OMAGGIO A IERI.
Viva l'Italia, l'Italia liberata,
l'Italia del valzer, e del caffè.
L'Italia derubata e colpita al cuore,
viva l'Italia, l'Italia che non muore.
Viva l'Italia, presa a tradimento,
l'Italia assassinata dai giornali e dal cemento,
l'Italia con gli occhi asciutti nella notte scura,
viva l'Italia, l'Italia che non ha paura.
Viva l'Italia, l'Italia che è in mezzo al mare,
l'Italia dimenticata e da dimenticare,
l'Italia metà giardino e metà galera,
viva l'Italia, l'Italia tutta intera.
Viva l'Italia, l'Italia che lavora,
l'Italia che si dispera, e che si innamora,
l'Italia metà dovere e metà fortuna,
viva l'Italia, l'Italia sulla luna.
Viva l'Italia, l'Italia del 12 dicembre,
l'Italia con le bandiere, l'Italia nuda come sempre,
l'Italia con gli occhi aperti nella notte triste,
viva l'Italia, l'Italia che resiste.

OMAGGIO all' OGGI

NON siete Stato voi




http://www.youtube.com/watch?v=XGUp4m3YIIs

venerdì 11 febbraio 2011

Di più tivù

In vena di bischerate. Ma alla fine, neanche tanto.

Consapevole di tirarmi la zappa sui piedi, devo fare un annuncio:
Adoro Grey’s Anatomy.  E non sto delirando. Mi piace proprio.

Cavolo. Dal guardare solo programmi d’inchiesta quali Report e Presa Diretta, o di cultura generale come Le Storie  e concedermi ogni tanto qualche film e programmi “politici”, passare ad una serie televisiva che, per giunta mi appassiona, è un bel salto.
Devo avere paura???
Ma anche no. Per il semplice fatto che ho sempre snobbato la tv esclusivamente perché ho sempre avuto altro da fare e per evitare programmi ridicoli, basati sul niente,  che sbeffeggiando il corpo femminile  raggiungono auditel stellari. Ma, lungi da me, tutti coloro che con un certo non so che di radical chic si definiscono anti-tivù, per poi scoprire che sono molto più aggiornati di te sulle novità del piccolo schermo.
E’ una serie piacevole, piena di colpi di scena, forse a volte, eccessivamente smielata, ma adoro la voce fuori campo della narratrice che introduce e conclude ogni breve puntata. Non amo tutti i personaggi, però. Alcuni sono davvero eccessivamente romanzeschi. Si fanno delle paranoie assurde per delle stupidaggini, ma chi può biasimargli? Il mondo è pieno di gente che si lamenta senza motivo o che si piange addosso, e alla fine può capitare a tutti.  E poi ce n’è per tutti i gusti, dai più cinici ed arrivisti, ai più dolci e forti. Senza contare che le trame, non sono neppure così male, almeno quelle della serie trasmessa in questo mese (credo che sia la 6°). E’ ovvio che si tratti pur sempre di una serie, ma gli attori sono piuttosto bravi, per quanto spesso appaiono patinati, è possibile anche vederli spettinati e arruffati, a differenza di altri, e oltre alla buona dose di belloccioni e belloccione, molti altri personaggi risultano ugualmente d’impatto, se non addirittura più incisivi, al di là di ogni apparenza (il che non è sempre così ovvio). La sua forza, sta nella fragilità stessa dei personaggi, che al di là di credersi divinità terresti in quanto chirurghi, ne passano davvero di tutti i colori: infanzie negate, perdite, delusioni e amori più o meno convenzionali.  Eroini romantici del XXI sec.?! Non arriviamo a tal punto.

Insomma, mi sarò ammorbidita con l’età, ma ogni tanto, ho bisogno anche io di una buona dose di bischerate semi serie, considerando che del turpiloquio e dell’indecenza della politica, ne ho le scatole piene. Viva i quotidiani, i libri e i siti d’interesse, a quel paese i talk show in cui si parla di tutto tranne che dei problemi reali. Meglio un telefilm fatto bene allo squallore del resto, in cui la politica si è ridotta ad una serie di insulti, di proselitismo, a entrate e uscite di scena, nonché a telefonate improvvise nel modus operandi di Osama. In questo momento, apparentemente, potrei assomigliare a un Didimo Chierico, e potrei sembravi disincantata. Ma la fiamma ARDE, e come se arde. Basta una scintilla e divampa come un tempo.

sabato 15 gennaio 2011

Fortezza

A volte, confondo il pensiero con la realtà.

Chiusa nell’alto di una fortezza, osservo.  

Sono presente, fisicamente, ma spesso molto più lontano di quanto non si possa pensare.
Affogo nei ricordi, o rimembro i dolci sorrisi.
Lascio che il sole mi sfiori il volto o che la pioggia nasconda le mie lacrime assenti.
Il cuore batte e l’animo arde costantemente.  L’apparente staticità nasconde un mare impervio.

Riapro gli occhi sul mondo reale. Che poi, in fin dei conti, non so quanto reale possa essere, inevitabilmente filtrato dalle prospettive della nostra mente: Un’intersecarsi di linee, gesti, odori, sapori, in cui tutto è passione.
Dall’atto più semplice, e scontato, a quello più deciso e sfrontato. 

A volte, mi perdo io stessa in questa alta fortezza, mutevole, altera , impenetrabile e spesso imperscrutabile per il pellegrino che suona alla sua porta; Ma una volta varcata la sua soglia, sarà come leggere dalle sue vetrate, battute dal vento o invase dal sole, luci e ombre di un cuore.  Di solida roccia, reggia e prigione, si staglia su indescrivibili colline, appare nel diradarsi della nebbia e scompare come un fulmine a ciel sereno.

M.R.


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