lunedì 25 agosto 2008

Come si spiega lo spostamento a destra del Paese?
Il Paese, e il senso comune, sono cambiati profondamente. Si è avvitato nella ricerca di nuovi nemici, in una cultura della paura diffusa: dalla precarietà all’infelicità, alla paura dell’altro. Questo senso comune malato, e a tratti perverso, è stato gestito e amministrato dalla destra. La vittoria di Berlusconi non è una fase di un bipolarismo imperfetto, è un evento che sancisce l’affermazione di un’egemonia culturale. Dobbiamo rileggere ciò che è accaduto nel Paese, capire come modificarne il senso comune, offrendo prospettive e valori di riferimento. La sinistra non può limitarsi a recitare a memoria il copione della propria esistenza, il repertorio delle proprie qualità. Anche sul piano della comunicazione, del linguaggio, dell’alfabeto originario, noi dobbiamo rimetterci in discussione. Abbiamo considerato la nostra forza storica come un conto in banca infinito da cui attingere. E siamo invecchiati rapidamente, dando l’impressione di grande staticità, mentre il Paese si muoveva. È un Paese che non ti parla di lavoro solo in termini salariali, ma anche in termini di precarietà esistenziale. Forse la sinistra doveva misurarsi con il tema più ampio della qualità della vita, e non solo sui temi, seppur fondamentali, del contratto di lavoro.
È una difficoltà a separarsi dal passato?Ancora oggi c’è chi sostiene che abbiamo perso perché non abbiamo esposto falce e martello. Le nostre identità devono prescindere dal gioco dei simboli e incontrare il Paese reale, i suoi destini veri. In questo noi siamo stati ceto politico, partiti degli eletti, nomenclatura.
Socialismo e comunismo: che ruolo hanno nel dibattito teorico attuale? Sono uno scoglio o una risorsa?Sono una grande risorsa dell’identità interiore di ognuno di noi, per il repertorio di valori, per lo sguardo che rivolgi verso la società. Stare dentro una cultura di sinistra vuol dire, per esempio, non poter dire sui fatti del Pigneto “sì, bisogna condannarli ma ci sono troppi immigrati”. Avere dentro di sé la cultura dell’altro ti permette di affrontare il tema della sicurezza nella sua complessità senza assecondare il senso comune. Tutto questo non ha bisogno di coniugarsi con l’appartenenza alle sacre famiglie politiche. È sintomo di vecchiaia e incapacità non capire che il senso di un’identità comunista o socialista prescinde dal fatto che andrai a sedere tra i banchi socialisti o alla Gue nel Parlamento europeo.
Tratto da “LEFT” (30 maggio 2008)