sabato 8 novembre 2008

Esperienza.. visita al carcere di Sollicciano

Giovedì mattina 6 novembre, Linda è passata a prendermi alle ore 7,30 per andare insieme alla visita al carcere di SOLLICCIANO. Dopo aver trovato sapientemente la strada (se non altro ho un buon senso dell’orientamento.. sicuramente merito del babbo), abbiamo parcheggiato e ci siamo dirette verso l’ingresso visitatori. Eravamo una trentina circa, per lo più ragazzi e ragazze che avevano fatto il seminario di filosofia con noi, del resto fu proprio il professore a prometterci questa visita al carcere, che abbiamo potuto fare solo adesso, dato il ritardo del permesso da parte del Ministero della Giustizia. Arrivati tutti, compreso uno degli assistenti del professore, che tra l’altro fa parte dei volontari del circondario di Sollicciano, abbiamo consegnato i documenti alla guardia e ci hanno condotto in un’aula, dove abbiamo parlato col Commissario, capo di dipartimento della polizia penitenziaria, e con un professore, capo di dipartimento delle attività trattamentali.

Dopo una prima illustrazione di come si svolga la vita nella casa circondariale, è iniziata la nostra visita vera e propria.. un’esperienza senz’altro da fare, che ti avvicina a quella parte di popolazione che costituisce proprio “il fallimento” della società, di quella stessa società che la emargina, che la guarda con disprezzo e diffidenza, senza pensare che ognuno di noi ha una piccola parte di colpa, anche se indirettamente.

Il Commissario ci ha fatto notare più volte che quella dei detenuti sia una scelta, in quanto, se decidi di delinquere, sai che prima o poi finirai in carcere. E’ vero, senz’altro, e ci ha ripetuto di non farci intenerire, dal momento che se si trovano lì è proprio perché hanno fatto quella scelta, motivo per cui non sono “tutti poveri cristi”. Questo non lo metto in dubbio. Ma il problema si pone nel momento in cui l’art. 27 della nostra Cost. prevede che la pena sia RIEDUCATIVA. E’ un argomento complesso e difficile da affrontare, che presuppone una profonda conoscenza della situazione esistente, motivo per cui mi limiterò a descrivervi un episodio, senz’altro significativo.

Una volta giunti nella biblioteca, tra l’altro poverissima di libri e di una difficoltà elementare-media, dato il bassissimo livello d’istruzione della popolazione carceraria (altro elemento da sottolineare che si spiega da solo, riguardo a chi finisca in carcere), sono stati fatti entrare dei detenuti che, per loro grande fortuna, erano riusciti a rientrare tra le 30 persone che potevano accedere alla scolarizzazione elementare e media. Nel momento in cui sono entrati, le guardie ci hanno fatto spostare verso un lato della stanza, mentre noi, inconsciamente ci eravamo già stretti l’uno vicino all’altro, il più a ridosso possibile del muro. Non sapendo come rompere il ghiaccio, ha iniziato a parlare il professore che ci aveva accompagnato, invitando ad illustrare la giornata tipo di queste persone al loro insegnante. Alcuni di loro erano entusiasti di vedere persone che facevano parte del mondo esterno, tanto da continuarci a chiedere di fargli domande, così la discussione è iniziata e piano piano, senza neanche accorgercene, ci siamo avvicinati a loro, sempre di sempre, sempre di più, fino a stringere un cerchio. Il loro insegnante era soddisfatto e alla fine della discussione ci ha fatto notare, quanto il linguaggio del corpo riesca a dire, a fare e a manifestare inconsciamente, come la barriera che si trovava tra noi e loro (l’utilizzo dei pronomi stessi indica la distanza) si sia a mano a mano abbassata. E’ stato bellissimo. Al momento dei saluti, mentre i detenuti si stavano già allontanando, l’insegnante si è voltato improvvisamente verso di noi e guardandoci con attenzione ci ha detto: “Voi, oggi, con questa esperienza, non avete imparato nulla…ricordate NULLA”, poi se n’è andato, al che ci è stata la battutina fredda del commissario, evidentemente irritato.

Abbiamo, così, continuato la nostra visita, incrociando, tra l’altro, anche altri detenuti, certamente meno “amichevoli” e , dite quello che vi pare, ma facevano veramente paura, senza parlare del modo in cui ci hanno guardato tutti, ma in particolare noi ragazze… non a caso Linda, Virna, Stella, Martina ed io ci siano voltate tutte, per evitare di incrociare il loro sguardo. Del resto, a Sollicciano sono presenti tutte le tipologie di detenuti: Comuni, Alta Sicurezza (reati di mafia e camorra), Tossico dipendenti, 41 bis (di cui non conosco il genere), transessuali, internati, osservandi, protetti e semiliberi. La popolazione detenuta attuale è pari a 850 unità di cui una novantina è costituita da donne, suddivisi in base a condanna definitiva, giudicabili in attesa di primo giudizio, appellanti, ricorrenti in cassazione, tossicodipendenti, protetti etc.

Un’esperienza senz’altro costruttiva, nonostante, ritengo che l’insegnante avesse ragione a dirci di non aver imparato nulla, o meglio, secondo me, quasi nulla.. dal momento che abbiamo visto solo la facciata di quello che è il mondo carcerario, molto più complesso, difficile e senz’altro “alienante”.

Concludo l’intervento riportando una frase: “Paradossalmente viviamo in un Paese in cui per fermare gli scippi viene mandato l’esercito nelle città, ma che per tutelare i risparmiatori dagli speculatori non si fa altro che emanare decreti per difenderli da una possibile condanna”.

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