venerdì 14 settembre 2012

Riforme?!

Da anni si parla incessantemente di riforme; riforma della scuola, riforma del lavoro,  riforma delle pensioni, etc, etc, ma è possibile che non ci si renda conto di ciò che dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti?


Uno Stato non funziona a compartimenti stagni. Uno Stato è come un organismo, mettiamo come un corpo umano. Se non funziona una parte di esso, inevitabilmente si cercherà di potenziarne un’altra,  se c’è uno squilibrio, si cercherà di ripararvi.  Ma se le riforme, poi, non sono altro che  tagli, sarebbe come amputare un braccio ad un corpo che ne ha già un altro malandato.
Se la riforma colpisce la scuola e l’università, inevitabilmente questo, sul medio periodo, si ripercuoterà sul lavoro. Se non è concessa una adeguata preparazione, una buona conoscenza, come possiamo pretendere di avere soggetti che svolgano in maniera funzionale e competente il proprio lavoro.
Se non c’è un’educazione al rispetto, a maggior ragione di tutto ciò che è in comune (dato che la proprietà privata credo che sia uno dei primi aspetti appresi dai bambini, negli ultimi tempi) , come si può spiegare ai ragazzini che perdono il loro tempo a fare i vandali, che quelle cose sono state acquistate anche con le imposte pagate (si spera) dai loro familiari? Ma, se le istituzioni, in primis, non rispettano il denaro pubblico, sperperandolo  come se fosse proprio,  in giochi di poteri e incremento delle lobby, cosa possiamo insegnare. Se la meritocrazia non esiste, se non in minima parte (ci sarà qualche eccezione, no?) e la politica redistributiva non funziona, come posso chiedere a chiunque abbia un coscienza sociale di sperare di migliorare la propria condizione.

Se non si permette ai più giovani, neppure in potenza, di poter sperare di fare, un giorno, ciò che più amano, come può uno Stato dirsi egualitario? Innalziamo il numero dei laureati, ce lo chiede l’Europa. Poco male se poi i laureati restano disoccupati: il pezzo di carta ce l’hanno. Il fatto che vadano ad aumentare le file dei disoccupati vi preoccupa forse di meno? No, certo, ma sono laureati,e all’estero questo conta, lì una carta in più ce l’hanno. Dobbiamo andarcene, ce lo dicono ogni giorno.

Ma, allora, chiedere a un giovane quale sia il suo sogno non è forse crudele, se poi, anche con lo studio, l’impegno, il metodo e le capacità, è altamente improbabile che riesca a giungervi?
E allora, cosa succede? Si ci deve accontentare.
Siete già fortunati ad avere studiato quello che vi piace, si sente dire. Adesso accettate un lavoro decente (ovvero, non poi così sottopagato e un minimo dignitoso) e piagnucolate poco. Mi dispiace, ma non stiamo qui a piagnucolare, siamo qui a cercare di evitare che ciò che resta di buono in questo Paese, finisca in cancrena.

Martina

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